Stando a quanto ufficializzato dai dati ISTAT per l’Italia, la moneta unica e il suo intero blocco sarebbero messi in crisi dalla paralisi dei mercati dovuta al Coronavirus. L’impatto immediato è quello che si può constatare sul PIL, non solo italiano ma dell’intera Eurozona.
Per questo motivo, al momento le autorità competenti tengono d’occhio l’inflazione.
Quanto è crollato il PIL nel 2° trimestre 2020?
Il PIL italiano ha avuto un tracollo piuttosto prevedibile, visto quanto accaduto tra aprile e giugno, nel pieno dell’emergenza Coronavirus. Sebbene questa recessione sia stata ampiamente anticipata dagli analisti e non solo, i risultati sono stati devastanti. Il PIL tricolore sarebbe crollato di 12,4 punti percentuali, rispetto al trimestre precedente che si era confrontato con previsioni a -15% oltre che un ultimo -5,4%, rivisto poi al 5,3%. Il discorso sembra proseguire in questi termini su base annua: in confronto al 2° trimestre del 2019, il prodotto interno lordo nostrano ha avuto un calo del 17,3%.
Un tracollo terribile, ma meno di quanto pronosticato. Gli analisti parlavano infatti di un’aspettativa di perdita del -18,7%, e del precedente -5,5%.
Secondo quanto testimoniato dal Presidente dell’Economia Gualtieri, dunque, la perdita sarebbe stata arginata grazie anche alla solidità degli interventi messi in campo dal Governo e dalla possibilità per l’Italia di proseguire nel percorso graduale e costante di ripresa economica. Il dato è poi stato confermato dalle vendite al dettaglio, che a giugno si sarebbero riallineate ai dati del 2019, dunque precedenti alla paralisi del COVID. Tutto questo è possibile fintanto che l’Italia, e così l’Europa, continueranno a incentivare l’attivazione e la promozione delle politiche di sostegno nei confronti delle aziende e dei consumatori.
Che cosa significa per l’Italia?
Partiamo dalla funzione più concreta possibile del PIL per andare a esplorarne le sue conseguenze sull’andamento di uno Stato. Il Prodotto Interno Lordo è un valore che indica quanto si produce in un singolo anno in beni materiali e servizi. Parte di questi beni è destinata ad ampliare la capacità produttiva, ovvero la capacità di produrre altro Pil. La rimanente, che è la parte maggiore, sostituisce beni di investimento esistenti divenuti ormai obsoleti.
Questi investimenti sono la chiave della modernizzazione dello stock di capitale, sia pubblico che privato. Pensiamo per esempio alle infrastrutture, all’acquisto di macchinari da parte delle aziende, che richiedono una dose importante di investimenti. Anche gli obiettivi di tutela ambientale per l’ecosostenibilità, le metropolitane o i ponti.
Il Pil ha un effetto negativo sull’ambiente e sulle persone di cui gli enti statistici tengono conto.
Meno soldi da spendere
Quando il PIL crolla, si entra in recessione. In altre parole, gli imprenditori fanno crollare gli investimenti perché perdono ottimismo nei confronti dell’andamento generale. Va da sé che lo Stato vedrà diminuire le entrate fiscali. Durante i periodi di recessione, la gente ha meno soldi da spendere e non pianifica investimenti per il futuro. Con coraggio, lo Stato deve rilanciare il volano spendendo il disavanzo nel tentativo di sostenere i redditi e la domanda, ma per farlo deve investire in progetti utili per il futuro economico, sociale e ambientale. In altre parole, la riduzione del PIL può diventare un’opportunità per modificare in maniera vincente il modello di sviluppo di un paese.
Per l’Italia, il Covid è stato il colpo di grazia a seguito di un lungo periodo di stagnazione. Ci sono due possibilità principali: chi vede le cause sul lato dell’offerta, e chi le vede nelle scelte del Paese, le privatizzazioni e le liberalizzazioni, oltre che la moneta unica, un cocktail letale che ha portato a questi terribili risultati. La scommessa, dunque, è sostenere i redditi di chi ha veramente bisogno, frenando così il degrado di chi si approfitta degli incentivi statali senza averne davvero diritto.