Ne abbiamo sentito parlare diffusamente su giornali e articoli online: che cos’è, però, il recovery fund, e qual è il vero significato di questo inglesismo? In che modo la sua approvazione impatterà sull’economia e sull’industria a livello europeo?
Il consiglio UE ha portato avanti questo quesito in accese discussioni sulla sua possibile introduzione, e negli ultimi giorni il recovery fund ha finalmente preso forma in un accordo che tutti hanno potuto sottoscrivere. Con l’arrivo del Coronavirus, infatti, si sono messi in discussione molti aspetti di questo Recovery Fund, e in che modo questo strumento operi. Insomma, l’UE è arrivata alla decisione che bisogna prendere delle precauzioni condivise e collettive per un recupero economico causato da un blocco, e il fondo è proprio ciò di cui si ha bisogno.
Mentre Giuseppe Conte, Premier italiano, lo definiva “una parte essenziale nella trattativa con l’Unione Europea”, le dinamiche del recovery fund sono cambiate parecchio. Questo infatti potrebbe essere considerato un mezzo di sostentamento per l’intero Vecchio Continente, oppure un salvagente per i Paesi più colpiti dalla crisi dovuta al COVID-19.
Che cos’è il recovery fund?
La parola inglese si traduce letteralmente in “fondo di recupero”. Questo strumento è stato richiesto a gran voce da più paesi, tra cui anche l’Italia, e ha l’obiettivo di arginare l’impatto devastante del Coronavirus sulle piccole, medie e grandi aziende in ogni settore dell’economia, come per esempio nel settore della metalmeccanica. Non è un caso che tutte le economie europee abbiano chiuso il primo trimestre del 2020 con flessioni massicce del PIL. In altre parole, la pandemia ha forzato la mano del parlamento europeo per trovare una soluzione che potesse contemplare l’approvazione delle rigide economie del nord, come Austria e Olanda, e quelle più affette dal collasso, come per esempio Spagna e Italia. Dove sta il compromesso?
Tra i punti critici discussi lungamente dall’UE c’è stato il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, sugli eurobond e anche sul recovery fund. Questa pratica è stata vista di cattivo occhio dalle economie del nord, restie a condividere qualsiasi forma di debito, mentre le economie meridionali si sono dimostrate assai più aperte, viste anche le condizioni dei conti pubblici.
Francia e Germania hanno avanzato una prima, timida proposta di un possibile recovery fund già diverso tempo fa, interamente basato su concessioni di liquidità a fondo perduto. Olanda, Austria, Danimarca e Svezia hanno successivamente presentato un altro progetto, seguito poi da quello della commissione europea – raggiungendo un precario equilibrio fatto di concessioni di denaro senza l’obbligo di un ritorno e finanziamenti più strutturati.
L’estate ha poi visto la proposta finale, ideata da Charles Michel. Nel mese di luglio i progetti sono stati largamente sviscerati e discussi dal consiglio europeo, il quale, dopo incontri e scontri, ha raggiunto un accordo. Eccolo.
Come funziona il recovery fund?
L’origine del recovery fund è sorta da una vecchia proposta francese sui recovery bond garantiti dal bilancio dell’Unione Europea. In questo modo, si condivideva il rischio, ma guardando al futuro senza una mutualizzazione del debito pregresso.
Attualmente, il piano del Consiglio Europeo emesso a luglio è stato elaborato per 750 miliardi di euro, da suddividere così:
- 390 miliardi di sovvenzioni;
- 360 miliardi di prestiti.
Come saranno reperiti questi soldi? Si è stabilito che lo saranno grazie all’emissione di debito garantito dall’UE, in arrivo previsto per il primo trimestre del 2021. Sono inoltre previsti aumenti degli sconti sul versamento del bilancio in comune, noti come rebates.